Microbiologia e analisi della birra: 4 cose da sapere subito
Dal 29 al 31 gennaio 2020, il nostro mastro birraio Lelio Bottero è stato a Padova, presso Dieffe Accademia delle Professioni, per seguire il corso di aggiornamento in microbiologia e analisi della birra tenuto dal prof. Nicola Coppe, fondatore del progetto Lab4beer che diffonde la cultura del controllo qualità nei microbirrifici artigianali.
Grazie alle lezioni, sia teoriche che pratiche, sono tante le cose che abbiamo avuto modo di ripassare e altrettante quelle che abbiamo imparato e di cui faremo tesoro per una produzione ancora più controllata e trasparente delle nostre birre.
In questo articolo faremo una panoramica su:
- che cos’è e a cosa serve la microbiologia;
- microbiologia alimentare e analisi della birra;
- 4 tips di microbiologia che avremmo voluto sapere prima.
Microbiologia: cos’è e a cosa serve
Partiamo dall’inizio. Cosa significa microbiologia?
“Ramo delle scienze biologiche che ha per oggetto lo studio dei microrganismi, esseri viventi con dimensioni inferiori al millimetro, la cui osservazione richiede l’uso del microscopio ottico. I microrganismi possono essere eucarioti (protozoi, funghi microscopici e la maggior parte delle alghe), procarioti (alghe blu-verdi o cianobatteri e batteri) o virus”.
Questa è la definizione di microbiologia riportata dall’enciclopedia Treccani.
Esistono poi diversi campi in cui la microbiologia può essere applicata. Quella che interessa la produzione brassicola è la microbiologia alimentare.
Microbiologia alimentare: come interessa la birra artigianale
Riferiamoci ancora una volta all’enciclopedia Treccani per capire bene di che cosa si occupa la microbiologia alimentare e in che modo riguarda la produzione di birra.
“Questa disciplina studia la provenienza delle varie specie microbiche presenti negli alimenti, il loro comportamento durante i processi tecnologici ai quali i prodotti sono sottoposti nel corso delle trasformazioni, la loro influenza nella conservazione dell’alimento e i processi biochimici che si manifestano nell’alimento stesso come conseguenza del metabolismo microbico. Interesse particolare è rivolto ai gruppi microbici la cui presenza nell’alimento può determinare sia l’insorgenza di infezioni e di intossicazioni alimentari, sia la modificazione delle caratteristiche organolettiche e delle proprietà nutritive […]”.
Per un mastro birraio (ma anche per un homebrewer o per chi vuole aprire una beerfirm di successo) è importante studiare microbiologia alimentare e capire cosa si fa in laboratorio soprattutto per:
- interpretare al meglio le analisi dell’acqua;
- controllare i batteri che possono intaccare la produzione e portare infezioni;
- riconoscere le possibili cause di alterazioni della birra e imparare a gestirle;
- scegliere i lieviti migliori e conoscere i processi di fermentazione;
- sapere come conservare il prodotto finito.
Molte sono disposizioni igieniche dettate anche dal rispetto del manuale di controllo o HACCP, ma altri sono, invece, comportamenti e tecniche che si imparano facendo e rifacendo birra e, a volte, trovandosi in situazioni che vanno ben oltre le conoscenze di base della microbiologia per tutti. Per questo motivo, il corso di microbiologia della birra a Padova con il prof. Nicola Coppe è stato utile per capire come riconoscere e gestire eventuali problemi in fase di trasformazione delle materie prime e per fare nostri alcuni consigli sull’igiene e la sanificazione.
Fare la birra: 4 tips di microbiologia che avremmo voluto sapere prima
Arriviamo al punto. Ma allora Lelio, che cos’ha imparato al corso di microbiologia della birra a Padova, tenuto dal prof. Nicola Coppe? Ecco i 4 tips utili di cui non possiamo più fare a meno.
L’analisi microbiologica del DNA della birra
È possibile analizzare il DNA del mosto e della nostra birra finita. Come?
Dobbiamo prelevare un campione e amplificarne il DNA con un termociclatore, apposito apparecchio di analisi, per poi esaminarlo con specifiche strisce test da laboratorio. Identifichiamo così quali microorganismi, vivi o morti, siano presenti nel campione.
Ma perché è così importante questo metodo di analisi della birra? Riconoscere i microorganismi presenti nel mosto o nel prodotto finito ci consente di individuare quelli “cattivi” che portano alterazioni della birra e dei suoi parametri, modificandone di conseguenza le caratteristiche organolettiche. Conoscere i microorganismi cattivi fa sì che quando riscontriamo dei difetti del prodotto finito sia più facile e immediato risalire alle cause ed evitare di ripetere l’errore.
La conta dei lieviti a microscopio
Fare la conta dei lieviti con il microscopio ottico è una delle pratiche da laboratorio di analisi della birra che possiamo fare anche in microbirrificio artigianale.
I lieviti a microscopio sono visibili con ingrandimento 40×10 ed è molto comodo avere una telecamera annessa per vederli sul monitor di un computer o proiettati a muro. Renderli così ben visibili ci consente di ottimizzare la conta dei lieviti in maniera più precisa e verificare quali sono attivi nella birra e quali ci servono per la fermentazione. Dopo il prelievo del campione, possiamo distinguere, ad esempio, i cerevisiae saccharomyces, dai lieviti selvaggi che possono esserci utili per la fermentazione spontanea, ma vanno controllati e gestiti per l’alta o la bassa.
Gushing: come prevenirlo
Il gushing, ovvero la fuoriuscita di birra una volta stappata la bottiglia, è uno degli incubi di mastri birrai e homebrewer. Ma perché succede?
Tra i principali responsabili del gushing ci sono gli ossalati di calcio. Visti a microscopio ottico, questi sali di calcio hanno una forma piramidale e generalmente si depositano sul fondo delle bottiglie. L’anidride carbonica si concentra sulla punta degli ossalati di calcio causando il gushing.
Per prevenire e gestire al meglio questo problema è fondamentale conoscere a menadito le caratteristiche dell’acqua che usiamo per fare la birra. Con delle analisi controllate nel tempo e specifiche possiamo individuare la presenza di eccessive quantità di ossalati di calcio e intervenire con i trattamenti più adatti per riequilibrare la situazione ed evitare così la fuoriuscita della nostra birra.
Sanificazione con ozono
L’ozono è un’ottima ed economica alternativa ai sanificanti professionali. A questo proposito, il prof. Nicola Coppe ha condotto un esperimento contaminando il birrificio in maniera piuttosto singolare (vi invitiamo a scoprire come guardando il video qui sotto!) per poi rimediare con un piccolo generatore di ozono che gli ha permesso di sanificare in tempi rapidi e in maniera efficace l’intero ambiente circostante.
Ringraziamo il prof. Nicola Coppe per averci trasmesso la curiosità e la passione per la microbiologia della birra con professionalità ed entusiasmo.
E voi quali tips o consigli sulla microbiologia e l’analisi della birra avete?
Raccontatecelo nei commenti!
Mirko Orazietti
Posted at 19:15h, 15 MaggioMa se nella stanza si lasciano anche tutti gli strumenti da homebrewer e le bottiglie pulite, viene tutto sanificato?
Grazie
lelio Bottero
Posted at 20:57h, 16 Maggiociao Mirko, ottima domanda la tua. Dovremmo sentire il parere del prof. Coppe, ma penso di non sbagliare nel dire che il trattamento ad ozono fatto in questo modo sia molto efficace per le superficie piane esposte all’azione della “brezza” che si viene a creare. Per le bottiglie e per tutte le parti “nascoste” me la vedo più difficile e sarei più propenso per una sanitizzazione tradizionale con metalsoflito, candeggina o peracetico. Visto il periodo è interessante notare come l’ozono sia utilizzato anche per combattere il Covid-19 negli ambienti di lavoro.
Alberto Annis
Posted at 22:04h, 03 GiugnoCiao Mirko, con l’ozono viene sanificato tutto e l’azione ossidante è superiore alla maggior parte dei prodotti normalmente in uso. Inoltre riesce ad arrivare anche nelle zone d’ombra, in qualsiasi punto e quindi sembrerebbe il Santo Graal. Fatta questa prefazione lo sconsiglio vivamente perchè ad alte concentrazioni pericoloso e a basse inutile. Il problema è la mancanza di metodologia d’utilizzo per renderlo efficace. È importante capire come viene prodotto, la temperatura e umidità dell’ambiente oltre ovviamente alla sua cubatura e come viene successivamente eliminato l’ozono, i patogeni e le microparticelle ancora in sospensione…. e non ditemi apro dopo la finestra. Se i Ministeri della Sanità sconsigliano l’ozono per sanificare l’aria (mentre ne confermano l’efficacia per l’acqua) è proprio per evitare il rischio del fai da te. Inoltre i generatori di qualche euro hanno prestazioni scostanti e quindi non calcolabili.